Li ho abituati ad essere viaggiatori, non turisti. Da sempre. Anche troppo.
Ci aspettavano 160 km da<u Romo fino ad Odense e poi 170 km fino al traguardo: Copenaghen 2012.
L'essere umano più pigro che conosco: digli che deve uscire scappa, dagli una stanza di casa qualsiasi e lo fai strafelice... :))
Quando gli dissi "dai sali in macchina che dobbiamo ripartire" lo trovai così...
Odense tappa intermedia prima del traguardo, dopo circa tre settimane di viaggio.
Odense è due cose: Andersen non il designer ma lo scrittore, ed il castello di Egeskov, in danese “querceto” poichè sembra si dovette abbattere un intero bosco di querce per fabbricare tutti i pali che sono immersi nelle acque e su cui poggia il castello dal 1554.
Il castello di Egeskov non è quindi costruito sulla terraferma e circondato da un fossato come tutti i castelli delle favole, ma è costruito come una palafitta al pelo dell’acqua di un laghetto.
Qui mentre scattavo pensavo che avrei fotoscioppato l'albero in seguito, certo, infatti.
Le foto sono del 2012 quindi vi ribbeccate quei bellissimi filtri intragram stile lomografia.
All'entrata un sistema di 6 ponti sospesi a 15 metri di altezza e lungo 100 tra le chiome degli alberi.
Vi ho mai raccontato del mio problema con le vertigini?
Fuori dal castello c'è la più grande casa delle bambole del mondo.
Costruita nel 1907 interamente a mano e in legno in oltre 15 anni di lavoro, contiene circa 3000 oggetti unici provenienti da tutto il mondo.
Vi ho mai raccontato che Lack01 non hai mai giocato con le bambole?
Fuori in quell'immenso verde c'è anche un labirinto di salici realizzato Piet Hein. Stupendo. Fin quando dopo un paio d'ore non cominci a intravedere Jack Torrance tra le foglie.
Il labirinto finisce così, con lo scivolo di Gulliver.
La zona esterna più bella del parco sono sicuramente i giochi di una volta con trampoli (vi risparmio la mia foto), i carretti di legno ed i giochi di legno.
Ho detto legno?
Poi quando vorresti stramazzare per terra esausto arrivi finalmente davanti l'entrata del castello.
Gocce, sempre più gocce.
Giove pluvio ti vuole bene.
Dentro al castello ci sarebbero tante ma davvero tante tante stanze di cui ora faccio fatica a ricordare nomi e attività.
Decisamente quella dei vestiti fu la più apprezzata.
Libertà e libero sfogo all'arte.
Questo suscita sempre la Danimarca.
In una piccola stanza dedita alla pittura, un giovane Lack02 iniziò a spiegare alla sorella maggiore chi era Pollock e che lei avrebbe fatto meglio a cimentarsi nel nuoto lasciando a lui gli strumenti del mestiere.
Ah si, Odense.
La città.
Un giro forse due e ce ne tiriamo via finalmente verso Copenaghen.
E finalmente lo Storebæltsbroen, il ponte sul Grande Belt, il ponte sospeso o ponte Est.
Il ponte che ha la terza più lunga campata principale (1,6 km) al mondo.
Dieci minuti e sei di la.
Siamo dall'altra parte. Siamo su Zealand.
Direzione Louisiana Museum (of Modern Art).
Della serie voglio arrivare a Copenaghen col cuore già frantumato da tutto il resto della Danimarca.
Ed infatti, quanta bellezza in un luogo solo...
Tornare a Copenaghen dopo 20 anni. Dopo che della prima volta da ragazzo ricordi veramente poco e male.
Tornare a Copenaghen sapendo che la tua vita sta per, anzi può forse, cambiare.
Tornare a Copenaghen cercando circostanze e coincidenze.
Tornare a Copenaghen nel 2012 quando l'Italia nel 2012 era un'altra cosa rispetto a quello che percepivo nell'aria intorno a me.
Entrare da Hay nel 2012 non è come parlare di Hay oggi, qui, adesso.
Hay in Italia è arrivata alla fine del 2018.
Mi sentivo come quel piccione li.
Mi sentivo come davanti una parete di caramelle.
Ah, erano Lego?
Ora che tutto questo è già sbarcato in Italia è facile.
Questo post dovevi leggerlo nel 2012.
Ora già sai. Ora puoi scegliere tutto. Andare dove vuoi. Comprare online.
Io invece in quei giorni mi sentivo come Lack01 dentro The Laundromat Cafè.
Girava tutto a una velocità assurda.
Avevo letto che il posto giusto per me sarebbe stato Nørrebro.
Avevano ragione. Nørrebro nel 2102 era l'Eden.
Non lo capii dai piccoli bar o dai piccoli negozi che vendevano proprio quello che stavo cercando.
Lo capii in questa piccola piazza, davanti a questo campetto vuoto.
Sentii una vibrazione così forte che non potè non riportarmi a quegli anni nel cortile dove sono cresciuto.
Casa di mia nonna a Cinecittà.
Nørrebro era diventata in un attimo la mia seconda casa.
Separati alla nascita.
Nørrebro non era, e non è, Berlino. Ha un altro tocco.
Nørrebro in realtà è anche un quartiere complicato. C'è un'enorme diversità culturale dovuta ai suoi settantamila abitanti che provengono da più di sessanta paesi diversi.
Diversità come valore aggiunto.
Nell'estate del 2012 viene inaugurato il parco Superkilen.
"Il parco è una celebrazione di tutto ciò con i suoi 30 mila metri quadri di arte urbana caratterizzati da stili, cromie e tecniche molto differenti fra loro, come fosse una grande esposizione di ambienti, oggetti e arredi che arrivano da 60 differenti nazioni del mondo, quelle, appunto degli abitanti del quartiere: dai coperchi dei tombini provenienti da Israele alle insegne al neon del Qatar, dalle palme della Cina agli attrezzi ginnici di Los Angeles, dalle fontane marocchine alle panchine della Turchia.
La struttura del parco Superkilen cita, poi, le pietre miliari della storia del giardino, riproducendo su scala urbana il modello giapponese e cinese, creando scenari che sono trasposizioni attuali di ambienti propri della storia e della tradizione di altri Paesi".
Oggi foto come queste hanno già fatto il giro del mondo stramiliardi di volte grazie a internet e ai vari social.
Ma qui eravano nel 2012.
Utopia.
E poi ci sono i posti dove ho lasciato il cuore e dove quando posso torno.
Sempre.
A respirare.
Nei prossimi racconti parleremo ancora di Copenaghen, di Finn Juhl, di un hotel molto particolare e poi torneremo nello Jutland ma non smetteremo di dedicare parole ai mobili, alla loro storia e al loro restauro.